Covid 19 – riadattamento ad una pseudonormalità
A ormai un mese dall’inizio della quarantena, si avvicina la data in cui tutti dovremo tornare ad una “pseudo-normalità”, la cosiddetta “FASE 2”, in cui conviveremo con il virus. Ma quali sono gli effetti di questo nuovo adattamento sull’equilibrio della nostra psiche? Cosa dovremo aspettarci da questa nuova modalità di vita sociale?
Il virus ha colpito il cuore della società occidentale
La pandemia si è abbattuta sull’intera umanità con una ferocia inaudita, scardinando quel senso di sicurezza e prevedibilità che sembrava garantito all’esistenza umana dallo sviluppo tecnologico raggiunto dal mondo occidentale. Di colpo, il pericolo proviene da un nemico invisibile ed imprevedibile, tanto che i sentimenti di incertezza ed impotenza rispetto alle nuove condizioni di vita potrebbero essere paragonate a quelli delle popolazioni che hanno vissuto conflitti bellici.
L’umanità è stata colpita nel suo punto cardine: la vita organizzata all’interno di relazioni sociali; l’essere umano è l’animale sociale per eccellenza, in quanto la sua identità come individuo si fonda nell’essere riconosciuto dagli altri. All’improvviso veniamo deprivati della libertà di movimento, del contatto con amici e parenti, e quelle che sembravano misure di emergenza momentanee, potrebbero protrarsi molto, molto a lungo.
i rischi per la salute mentale
Dal punto di vista della vita privata, la lunga convivenza forzata ha messo a dura prova quelle coppie che erano riuscite a trovare un equilibrio grazie agli spazi di autonomia che i partner si erano costruiti all’esterno della relazione. I conflitti che potevano essere a lungo evitati riemergono ora in tutta la loro forza. Molti prenderanno ( o hanno già preso) decisioni definitive che li condurranno a punti di svolta nella loro vita, proprio a fronte del fatto che questa battuta d’arresto alla frenesia della vita quotidiana ha creato lo spazio per riflessioni importanti circa il significato e gli obiettivi della propria esistenza.
Quello che sembra ormai essere certo è che il mondo non sarà mai più lo stesso, anche se ancora non sappiamo di preciso come cambierà. Ci troviamo di fronte alla sofferenza per la perdita della vita che avevamo prima, di quella spontanea quotidianità che ci apparteneva prima del virus. Per quanto rimarrà il sospetto verso l’altro, il distanziamento sociale, la paura di essere contagiati? Torneremo mai ad un concerto, a sederci in un bar o in un ristorante affollato senza dover indossare le mascherine?
Quando si verifica un evento traumatico come un lutto, la perdita del lavoro, la rottura con una relazione significativa, un trasferimento, un disastro ambientale o un cambiamento radicale ed inaspettato nella propria quotidianità, possono insorgere in alcuni individui particolarmente vulnerabili sintomi cognitivi, emotivi e comportamentali più o meno gravi in reazione all’evento stressante.
Il quadro clinico di tale sintomatologia si definisce come Disturbo dell’Adattamento. Come è facile intuire dal nome, tale sindrome si manifesta quando il soggetto ha difficoltà nel riadattarsi alla nuova situazione, quando cioè non riesce a fronteggiare l’evento stressante modificando il suo comportamento per renderlo più adatto alla nuova condizione. Emerge quindi un senso di impotenza, accompagnato dal timore verso qualcosa di imprevedibile e potenzialmente catastrofico che non si è in grado di controllare. Proprio questo tipico stato mentale rappresenta l’essenza del disturbo dell’adattamento, che si manifesta sotto forma di umore depresso e/o irritabile, stati ansiosi, attivazione fisiologica, talvolta anche con aggressività verso gli altri: tutti sintomi dovuti alla focalizzazione su pensieri negativi circa le conseguenze future dell’evento e circa la propria incapacità di fronteggiarlo con successo. Nei casi estremi, specie quando una sintomatologia depressiva era già presente prima dell’insorgere del disturbo dell’adattamento, il grave sconforto per il senso di impotenza può aggravarsi sempre di più, fino a poter assumere dimensioni tali da spingere il soggetto nel baratro del suicidio. La cronaca ha purtroppo tristemente riportato alcuni di questi casi: non solo persone per cui la quarantena si era fatta insostenibile, ma forse molto più persone che avevano perso la speranza di poter tornare alla loro vita normale prima del virus, che non riuscivano a vedere una possibile via d’uscita.
Cercare aiuto nella rete sociale
Nel caso in cui si riconoscano alcuni di questi sintomi, è assolutamente necessario cercare aiuto.
Il supporto di familiari e della rete di amici sono la prima ancora di salvezza, cerchiamo di mantenere vive le nostre interazioni sociali, anche durante il periodo di isolamento: instauriamo e manteniamo un contatto assiduo con loro via telefono, meglio ancora con video chiamata.
Parlare delle proprie preoccupazioni è importantissimo, il primo passo verso la risoluzione del problema.Il sostegno sociale è infatti il più potente fattore di protezione contro traumi che possono insorgere dopo disastri ambientali o eventi catastrofici nella vita delle persone. Per rendere più concreto il piano d’azione, mettiamo a fuoco prima di tutto che cos’è che ci fa più paura e cerchiamo di identificare le persone intorno a noi con cui potremmo discuterne e che potrebbero aiutarci con quello specifico problema, non solo fornendoci una risoluzione immediata, ma anche suggerendoci possibili risoluzioni o altre strutture/persone da contattare per avere maggiori informazioni a riguardo. E` importante individuare le persone giuste, piuttosto che quelle che tenderebbero ad aggravare le nostre paure o confonderci ancora di più. Se la risoluzione del problema concreto non arriva nell’immediato, il conforto e lo scambio con una persona di fiducia è comunque una importante valvola di sfogo e di contenimento dell’ansia.
Se non riusciamo a uscirne fuori rivolgendoci agli amici, non dobbiamo assolutamente vergognarci di cercare l’aiuto professionale di uno psicologo: durante questa drammatica emergenza, si sono istituite moltissime linee telefoniche gratuite a cui è possibile rivolgersi.
Mantenere il contatto con una persona a cui rivolgersi durante questo momento di crisi, può essere davvero salvifico.