ansia e panico: disturbi molto frequenti di matrice psicologica
Cos’è l’ansia?
L’ansia può essere descritta come uno stato mentale in cui si avverte una forte attivazione emotiva, che può esprimersi anche con delle sensazioni corporee molto simili a quelle che si avvertono quando si prova paura. Quando avvertiamo uno stimolo come minaccioso, questo può catalizzare tutta la nostra attenzione. A seconda di come rispondiamo a questa attivazione, si può finire per ingigantire la pericolosità o l’importanza di questa minaccia, fino a entrare in un loop emotivo in cui si può avere la sensazione di perdere il controllo.
L’ansia può essere attivata da un particolare evento, un cambiamento importante ed incerto nella nostra vita come un trasferimento, la perdita del lavoro, la fine di una relazione importante: in questo caso parliamo di “ansia di stato”, per distinguerla dall’ “ansia di tratto”. La prima è molto comune e giustificata dall’importanza dell’evento, quindi non si può parlare di una condizione patologica, ma di una normale reazione ad un evento di vita improvviso e importante. Oppure è normale provare ansia quando si deve fare una scelta il cui esito è incerto. In questo caso è ovvio che i sintomi dell’ansia si risolveranno quando l’evento si concluderà oppure quando il soggetto abbia riacquistato un nuovo equilibrio ri-adattandosi alla nuova condizione.
L’ ansia di tratto è invece più complessa e si riferisce ad un tratto strutturato della personalità di quella persona. Ciò vuol dire che il soggetto in questione ha la tenzenza caratteriale a permanere negli stati d’ansia, anche in presenza di stimoli/eventi di media o lieve entità. Quest’attitudine è divenuta per lui un vero e proprio modo di vivere, quindi sperimenta l’attivazione emotiva e cognitiva dell’ansia molto frequentemente. I fattori che hanno generato il tratto di personalità ansioso sono diversi da soggetto a soggetto: a volte l’origine risale allo stile educativo dei genitori, altre volte ad esperienze di eventi poco fortunati nell’arco della vita, altre volte alla mancanza di fiducia in se stessi e nella propria capacità di poter far fronte alle situazioni.
Contrariamente a quanto si possa pensare, anche moltissimi bambini soffrono di disturbi d’ansia, sebbene a volte lo manifestino modo diverso rispetto agli adulti.
Come riconoscere uno stato ansioso e distinguerlo dalla paura?
Una prima distinzione che può essere fatta tra ansia e paura è nella tipologia dell’evento attivante: si prova paura per un evento reale, che sta accadendo in quel preciso istante. L’evento non è una solo minaccia, è realtà, si sta verificando. L’ansia è la reazione invece a delle situazioni che in realtà non si sono ancora verificate, e per cui non è nemmeno sicuro al cento per cento che si verificheranno. È più un’aspettativa (per questo si parla di ansia anticipatoria) per quello che il soggetto pensa potrebbe accadere, una forte preoccupazione fino al catastrofismo per le conseguenze che potrebbe avere un evento non ancora accaduto. In questo caso, come si intuisce, la valutazione dell’entità della minaccia e della probabilità` che si verifichi è molto soggettiva: uno stesso evento può essere per alcuni un pericolo incombente di vastissime proporzioni, la cui probabilità di verificarsi è data come certezza; per altri lo stesso evento ha una minima carica emotiva. La buona notizia è proprio questa: non essendo una minaccia reale ma probabile e futura, si può lavorare per prepararsi meglio a quell’evento, oppure si può valutare se la nostra reazione ansiosa sia davvero giustificata rispetto a quelle che potrebbero essere le conseguenze.
Oltre al criterio temporale, può essere fatta un’ulteriore importante distinzione tra ansia e paura. La paura poggia sull’istinto di sopravvivenza volto a preservare la nostra incolumità fisica: questa forte emozione fa scattare una reazione automatica di fuga (immediato allontanamento dalla minaccia) oppure di freezing; il freezing è l’immobilizzazione di tutto il corpo che secondo gli studiosi evoluzionisti equivale all’istinto di fingersi morta che si attiva spontaneamente nella preda impossibilitata a scappare. L’ansia è invece un’emozione fortemente cognitiva e più recente dal punto di vista evolutivo: la complessità della vita di relazioni in cui l’uomo si è evoluto ha dato origine ad una serie di valori, sentimenti ed emozioni che erano del tutto sconosciuti all’uomo preistorico, la cui unica paura era quella di poter essere divorato dalle belve feroci.
L’homo sapiens prova vergogna, orgoglio, senso dell’onore, del proprio valore, ha bisogno di mantenere un livello di autostima accettabile per sopravvivere. Insomma, pur non difendendoci più dagli stessi pericoli da cui doveva difendersi l’uomo preistorico (o almeno non così frequentemente), la vita moderna ha moltiplicato le minacce alla nostra persona, sul lavoro come sulla vita privata: minacce al nostro bisogno di sentirci competenti e preparati, minacce al nostro bisogno di essere corrisposti dalla persona che amiamo, minacce al nostro bisogno di essere apprezzati, ammirati, stimati, minacce al nostro bisogno di essere ben voluti dagli altri….insomma si potrebbe andare avanti all’infinito. Si potrebbe aggiungere che molto spesso il fattore che accomuna queste preoccupazioni risiede nell’importanza che attribuiamo al giudizio degli altri, o all’idea che gli altri potrebbero farsi di noi.
Per questo lo stato d’ansia ha una durata molto più lunga della paura: quando il leone si è allontanato senza averci visto, la paura si allontana gradualmente insieme a lui. L’ansia no. L’ansia molto spesso rimane, perché la minaccia non è andata via ma è potenzialmente ad ogni angolo.
Quand’e` che l’ansia diventa un problema?
Sicuramente quando assume caratteristiche eccessive e pervasive nei diversi ambiti della nostra vita, ad esempio limitandoci nella presa di decisioni. Può accadere che a causa dell’ansia non si accettino opportunità che avrebbero potuto cambiare in positivo la nostra esistenza, come accettare un nuovo lavoro, trovare una scusa per andare a conoscere una persona che ci interessa. E poi non dimentichiamo, la frequentissima ansia da prestazione o ansia da esame dove, anziché aiutarci a focalizzare la nostra attenzione sulla prova, l’ansia ci fa entrare letteralmente nel pallone, spingendoci in un vortice di emozioni incontrollate che inevitabilmente danneggia la nostra prestazione. Nelle relazioni sociali, l’ansia può diventare un ostacolo nel mantenere amicizie o crearsene delle nuove.
Talvolta l’ansia può generare risposte somatiche anche molto invalidanti, come crampi allo stomaco, senso di nausea, svenimenti, molto difficili da tenere sotto controllo. In un altro mio articolo spiego poi come l’ansia possa addirittura degenerare in un fastidioso disturbo da acufene
Quali sono i sintomi dei disturbi di ansia e di panico?
Possono essere molteplici e possono variare da soggetto a soggetto. A volte mi capita di incontrare persone che non riconoscono subito i loro sintomi come stati ansiosi, ma gli attribuiscono altre cause. Ciò fa sì che il vero problema alla radice del loro malessere non venga riconosciuto e quindi non venga risolto. Può succedere ad esempio di arrabbiarsi con gli altri, di diventare aggressivi nei loro confronti solo perché vogliamo difenderci da quello che percepiamo come una minaccia. Può ben comprendere come questo abbia conseguenze deleterie anche sulle relazioni interpersonali. Altre volte si ha l’impressione di sentirsi costantemente stanchi o confusi, specie quando si ha l’impressione di essere sopraffatti da una lunga lista di cose da fare che ci sembra di non essere in grado di gestire. In casi più estremi l’ansia può provocare la sindrome da attacco di panico, coinvolgendo anche sintomi fisiologici molto intensi oltre ai sintomi cognitivi di agitazione e irrequietezza. Gli attacchi di panico sono infatti la manifestazione di massima intensità dell’ansia, in cui si sperimentano sintomi addirittura molto simili all’arresto cardiaco. I pronti soccorsi ricevono continuamente di queste emergenze.
Sintomi più lievi possono presentarsi sotto forma di perdita di concentrazione, stanchezza mentale, difficoltà nell’addormentamento o frequenti risvegli notturni.
Quando e` opportuno rivolgersi ad uno specialista?
Sicuramente quando si avverte di non essere più in grado di gestire da soli gli stati d’ansia e si riconosce di non riuscire ad uscire da solo da una condizione che ci fa soffrire. Oppure semplicemente quando si riconosce che l’ansia ci incatena e ci impedisce di vivere appieno le opportunità che ci offre la nostra vita.
Ognuno di noi cerca di mettere in atto delle strategie per compensare quelle che percepisce come sue difficoltà. In molti casi queste strategie funzionano. In altri casi invece, come avviene purtroppo molto frequentemente nell’ansia, queste strategie sono esse stesse un ostacolo alla risoluzione del problema, perché sono solo tattiche per non trovarsi nella situazione ansiogena. “Tecniche di evitamento” come le definiamo noi. Questo fa sì che si perda sempre più la dimestichezza e l’allenamento nell’affrontare quella situazione, aggravando quindi anche i sintomi di ansia. Per fare un esempio estremo, una persona che si senta agitato nel parlare ad una persona che non conosce, può sistematicamente evitare di parlare a sconosciuti. Così facendo ha momentaneamente risolto il suo problema, ma limita fortemente la sua vita. Quando poi non potrà fare a meno di rivolgersi ad uno sconosciuto per chiedere informazioni ad esempio, l’attivazione emotiva sarà amplificata proprio per il prolungato mancato allenamento. Non è infrequente inoltre che la frustrazione provata a causa di tali limitazioni messe in atto per difendersi dall’ansia porti anche alla depressione. Sempre più spesso infatti si sente parlare in ambito clinico di “stati ansioso-depressivi”. l’ansia può talvolta assumere proporzioni tali per cui alcuni pazienti riferiscono di provare molte volte al giorno la paura di morire: un pensiero intrusivo che si affaccia nella loro mente senza che ve ne sia alcuna motivazione. In questi casi, paure immotivate come la paura di morire nascondono paure sottostanti nascoste nell’inconscio che il paziente non riesce ancora ad esplicitare.
Ma non solo. Anche le patologie da Dipendenza hanno molto spesso una importante componente di ansia. Quando l’ansia diventa insostenibile, sostanze psicoattive come alcol, cannabis, eroina, possono diventare un modo distruttivo con cui l’individuo cerca di sedarla. All’inizio si cade nella trappola di pensare che “è solo per questa volta”, “lo faccio solo per superare questa prova” , ma questo è proprio il meccanismo iniziale che trascina nel baratro della dipendenza. Oppure si può instaurare una relazione di dipendenza con un’altra persona, semplicemente perché si ha timore di restare da soli. Anche in questo caso l’aiuto di uno psicologo è fondamentale.